Lei ed il treno
Lo ha perso. Ha perso quel treno. Fino ad allora la sua vita le era bastata, tutto il suo piccolo mondo le era sufficiente. Ma piano piano quel circoscritto microcosmo iniziava ad andarle stretto, qualcosa non funzionava. Era perfetto prima, la culla rassicurante, il porto protetto dove approdare, per ripararsi da un mondo difficile, da una famiglia che avrebbe voluto diversa, dagli anni che passano e ti costringono a diventare adulta, anche se dentro senti di non esserlo.
Peró tutto andava sgretolandosi, per colpe proprie ma non solo, per inerzia propria, ma non solo, per spirito di sopportazione e vocazione al martirio propri, ma non solo. Poi lesse della possibilità di prendere quel treno. Intuiva come sarebbe stato il viaggio, intuiva la possibilità di cambiare, lungo quell'itinerario, se stessa ed il suo modo di vivere, grazie anche alla conoscenza che, grazie al viaggio, avrebbe ampliato, sia in termini di paesaggi, che in termini di persone nuove ed interessanti da conoscere. Era terribilmente attratta da questa eventualità, ne era affascinata. Ed era assolutamente convinta della giustezza della scelta da fare. Prese il coraggio a due mani e sedette sulla panchina, l'ultima della banchina, dove la pensilina finiva e dove il sole poteva appoggiare i suoi raggi sul piccolo e semivuoto bagaglio a mano che aveva preparato senza cura.
Il respiro le divenne un pochino più corto quando intravide la sagoma della locomotiva che appariva all'orizzonte. Il battito del cuore iniziò, come sempre le accadeva nei momenti di emozione incontrollabile, a correre all'impazzata. Ora l'immagine del treno era nitida nei suoi occhi, nonostante una fastidiosa, seppur leggera miopia. Un leggero capogiro, dettato più dall'adrenalina che altro, la pervase, quando fu investita dal muro d'aria che il convoglio spostava al suo passaggio. Non bastò però, questo leggero ed emozionante malessere, a distrarla dalla incessante opera di osservazione dell'interno delle carrozze, che finestrini non sempre particolarmente puliti impedivano di apprezzare in tutti i particolari più minuti. Facce e colori sempre diversi poteva osservare, nel movimento.
Il sibilo dei freni fece da colonna sonora a questo minuto di rapimento mentale che ebbe osservando il treno fermarsi. La sosta durò cinque minuti, il tempo di caricare passeggeri e bagagli, poi il treno partì.
Lo guardò allontanarsi, con lo sguardo perso nel vuoto e le gambe afflitte da una tremarella di vecchia abitudine in quei momenti. Nemmeno un leggero alito di vento che si era mosso in quell'istante, bastò a farla destare da quello stato ipnotico nel quale si trovava.
Son passati molti mesi da quel giorno. Lei osserva da lontano, al tramonto, i binari non troppo distanti da casa sua. Li guarda spesso, senza una vera opinione su di essi. Osserva il treno della sera, che passa con una puntualità spietata, a ricordarle un viaggio mai iniziato ma sempre sognato.
Sospira.
Poi abbassa lo sguardo ed osserva le rose del suo giardino che si affanna a coltivare con cura fintamente amorevole.
Sospira ancora, questa volta con maggiore profondità del movimento diaframmatico.
Quest'anno la siepe sarà assolutamente spettacolare.
Quest'anno, come gli altri.
Peró tutto andava sgretolandosi, per colpe proprie ma non solo, per inerzia propria, ma non solo, per spirito di sopportazione e vocazione al martirio propri, ma non solo. Poi lesse della possibilità di prendere quel treno. Intuiva come sarebbe stato il viaggio, intuiva la possibilità di cambiare, lungo quell'itinerario, se stessa ed il suo modo di vivere, grazie anche alla conoscenza che, grazie al viaggio, avrebbe ampliato, sia in termini di paesaggi, che in termini di persone nuove ed interessanti da conoscere. Era terribilmente attratta da questa eventualità, ne era affascinata. Ed era assolutamente convinta della giustezza della scelta da fare. Prese il coraggio a due mani e sedette sulla panchina, l'ultima della banchina, dove la pensilina finiva e dove il sole poteva appoggiare i suoi raggi sul piccolo e semivuoto bagaglio a mano che aveva preparato senza cura.
Il respiro le divenne un pochino più corto quando intravide la sagoma della locomotiva che appariva all'orizzonte. Il battito del cuore iniziò, come sempre le accadeva nei momenti di emozione incontrollabile, a correre all'impazzata. Ora l'immagine del treno era nitida nei suoi occhi, nonostante una fastidiosa, seppur leggera miopia. Un leggero capogiro, dettato più dall'adrenalina che altro, la pervase, quando fu investita dal muro d'aria che il convoglio spostava al suo passaggio. Non bastò però, questo leggero ed emozionante malessere, a distrarla dalla incessante opera di osservazione dell'interno delle carrozze, che finestrini non sempre particolarmente puliti impedivano di apprezzare in tutti i particolari più minuti. Facce e colori sempre diversi poteva osservare, nel movimento.
Il sibilo dei freni fece da colonna sonora a questo minuto di rapimento mentale che ebbe osservando il treno fermarsi. La sosta durò cinque minuti, il tempo di caricare passeggeri e bagagli, poi il treno partì.
Lo guardò allontanarsi, con lo sguardo perso nel vuoto e le gambe afflitte da una tremarella di vecchia abitudine in quei momenti. Nemmeno un leggero alito di vento che si era mosso in quell'istante, bastò a farla destare da quello stato ipnotico nel quale si trovava.
Son passati molti mesi da quel giorno. Lei osserva da lontano, al tramonto, i binari non troppo distanti da casa sua. Li guarda spesso, senza una vera opinione su di essi. Osserva il treno della sera, che passa con una puntualità spietata, a ricordarle un viaggio mai iniziato ma sempre sognato.
Sospira.
Poi abbassa lo sguardo ed osserva le rose del suo giardino che si affanna a coltivare con cura fintamente amorevole.
Sospira ancora, questa volta con maggiore profondità del movimento diaframmatico.
Quest'anno la siepe sarà assolutamente spettacolare.
Quest'anno, come gli altri.
Commenti
Posta un commento